Tutto quel che devi sapere sul TFR

Quando si pensa al TFR ci si ritrova con molte domande e poche certezze. C’è chi dice di non averlo mai ricevuto dopo la fine di un contratto di lavoro, chi si chiede come funziona il calcolo del TFR, qual sia la tassazione del TFR e ci sono molti datori di lavoro che non hanno ben chiaro come erogarlo. Viste tutte queste incognite, occorre fare chiarezza. Vediamo insieme in cosa consiste il TFR, chi ne ha diritto e quando si dovrebbe chiederlo.

Un risorsa per i lavoratori

L’acronimo TFR sta per “Trattamento di fine rapporto”, e consiste a una porzione di retribuzione (solo in caso di lavoro subordinato) che non viene erogata insieme allo stipendio ma accumulata mese dopo mese. Dato che viene erogata solitamente una volta che un rapporto di lavoro giunge al termine spesso può essere definito anche “liquidazione” o “buonuscita”. Questa somma viene maturata durante tutto il periodo di lavoro di un dipendente, che ha comunque la possibilità di scegliere come e quando riceverlo. Può decidere di “lasciarlo” in azienda man mano che viene maturato (e riscuoterlo solo alla fine del contratto di lavoro) oppure destinarlo al fondo pensione, accumulandolo così alla cifra che percepirà una volta andato in pensione (usufruendo della previdenza complementare). Esiste anche una terza opzione, ovvero richiedere un anticipo del TFR quando si è ancora vincolati da un contratto o non si è ancora in età pensionabile. Ecco una breve spiegazione di queste tre opzioni.

Come gestire al meglio il proprio TFR

Per molti viene automatico “lasciare” il proprio TFR nell’azienda in cui lavorano, lasciando che se ne occupino datore di lavoro e contabilità/commercialista. Se l’azienda è medio-piccola (meno di 50 dipendenti) il TFR viene continuativamente accumulato dal datore di lavoro (che teoricamente dovrebbe tenerlo nei propri fondi senza attingervi, dato che lo dovrà restituire al dipendente nel caso il rapporto di lavoro cessasse). Per le aziende più grandi, il datore di lavoro deve obbligatoriamente versare il TFR al fondo preposto dall’Inps (Tesoreria di Stato), e quindi non lo terrà “in mano”. In sintesi, quindi, si affida la gestione del proprio TFR al datore di lavoro, che lo conserverà nel modo più adatto e lo verserà a fine rapporto.

Se invece si preferisce accumulare il proprio TFR nel fondo di previdenza personale in vista della pensione, si può scegliere un fondo aperto in forma individuale (stipulando una polizza assicurativa) o in forma collettiva (che fa a capo al contratto aziendale o al contratto collettivo di lavoro). Se il proprio contratto di lavoro è a tempo determinato (e inferiore ai sei mesi), non si può scegliere questa opzione perché verrà erogato automaticamente a fine rapporto lavorativo.

Se invece si desidere ricevere un anticipo del TFR le cose si fanno lievemente più complesse. Se si sta lasciando maturare il TFR in azienda, possono chiedere un anticipo (fino al 70% della somma totale accumulata in quel momento) a partire dall’ottavo anno di assunzione presso la stessa azienda. La richiesta di anticipo si può fare una sola volta durante l’intero rapporto lavorativo (per ogni contratto che viene firmato) e deve avere una motivazione specifica (spese sanitarie o interventi medici, acquisto della prima casa per sé o per i propri figli) e certificata da un ente apposito (strutture sanitarie o notarili).

Chi invece ha deciso di accumulare il TFR in un fondo previdenziale può chiedere un anticipo calcolato in base a quanto è già stato versato. Se si richiede per motivi sanitari, può essere chiesto in qualsiasi e può arrivare fino al 75% della somma totale.
In casi diversi, esistono alcune differenze da prendere in considerazione.

Data la vastità e l’importanza dell’argomento, consigliamo sempre di avvalersi dell’aiuto di qualcuno esperto in materia. Il portale di Adecco, per esempio, fornisce utili approfondimenti sul TFR, che aiutano a fare chiarezza e a capire come muoversi al meglio in questa questione delicata, senza rischiare di avere brutte sorprese.